Da qualche anno, nel nostro Paese, si è accesa una certa nostalgia per l’energia nucleare, una propensione che è vieppiù cresciuta con l’avvento dell’ultimo governo Berlusconi e del ministro Claudio Scajola al dicastero per lo sviluppo.

Non è ben chiaro se si tratti di convinzione nata da interessi di carattere economico o da indagine scientifica, oppure se sia una pur comprensibile conseguenza di avversione endemica per l’ex ministro dell’ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.

Fatto sta che il nucleare, bandito dalla popolazione italiana nei giorni 8 e 9 novembre del 1987 con una vittoria referendaria senza appello, torna a ronzare nei programmi di molti gruppi politici italiani e, soprattutto, nell’opinione pubblica che, come sempre accade, reagisce emotivamente ai tagli sul portafoglio. Dunque, basta dire che il nucleare farà risparmiare gli italiani sulla bolletta, basta dire che le centrali nucleari di altri Paesi sono alle porte dell’Italia (per cui che se ne impipa di un disastro in Italia, tanto se succede in Svizzera è lo stesso), basta dire che con il nucleare non andremo più a comperare l’energia dai francesi che ci sono antipatici, basta dire queste cose che tutti si rendono disponibili ad accogliere nuovamente l’ipotesi di una bella centrale piazzata sulla riva di qualche nostro fiume o su un litorale marino. Salvo però che non sia realizzata vicino a casa nostra, perché tutti gli italiani vogliono che il loro telefonino “prenda” (come si dice) in qualsiasi zona essi si trovino, anche sotto le gallerie autostradali, ma nessun italiano gradisce vivere con una antenna Telecom sulla testa. Meglio se si trova sul tetto del vicino.

A parte queste prelibatezze sul nostro modo di fare “sistema”, recentemente il nostro Paese ha furbescamente tentato di fare passare l’energia nucleare come fonte rinnovabile, al fine di contribuire con centrali fortemente inquinanti e pericolose all’abbattimento dell’immissione di gas serra nell’atmosfera (co2), così come sottoscritto nel 1992 a Kyoto. Se non è zuppa è pan bagnato, come si dice.

Per descrivere vantaggi e svantaggi del nucleare, ovviamente, non basta una paginetta, ma voglio qui sottolineare che non si può parlare di energia rinnovabile, quando la produzione energetica utilizza come sua fonte una risorsa destinata ad esaurirsi. In particolare le centrali nucleari, per il loro funzionamento e le reazioni che producono, hanno necessità di uranio, un fissile che si estrae un po’ come avviene per il petrolio, sia pure con procedimenti diversi.

Attualmente l’energia nucleare, nel mondo, soddisfa a mala pena il 6% del fabbisogno energetico del nostro pianeta e, se questi indici rimarranno tali, si prevede che l’uranio esistente in natura possa durare ancora e soltanto per i prossimi 70 anni. Il che vuol dire che, essendo necessari almeno 15 anni per vedere in pista la prima centrale nucleare in Italia, per i successivi 55 anni entremo a far parte di quelle nazioni che si prenderanno a botte per quel po’ di minerale rimasto. Finalmente, dopo esserci scannati ed avere onorato le famiglie con le medaglie al valore, riusciremo a soddisfare circa il 6% del nostro fabbisogno energetico, che non andremo a comperare più dai francesi che ci sono antipatici.

Però, militarmente, saremo diventati fortissimi.

Lorenzo Lo Vecchio

(estratto dall’intervento presso il Convegno “Venti ed eventi sulle Rinnovabili” – Bologna 18/10/2008)

Pubblicato lunedì 10 Novembre 2008 da Alberto Mancini