Scusatemi se, per cominciare, la prendo un po’ alla larga, partendo da una domanda: cosa vuol dire produrre energia con un procedimento nucleare? Nelle centrali nuclearil’energia scaturisce dal bombardamento dell’uranio con neutroni (massa atomica priva di carica elettrica). Il nucleo dell’uranio si divide in due nuclei più piccoli tramite un processo detto di fissione nucleare, durante il quale l’atomo che si spezza, lascia liberi altri neutroni che vanno a colpire e a dividere altri atomi di uranio, provocando la cosiddetta reazione a catena. Durante questo processo viene sprigionata in modo inteso la radioattività contenuta nell’uranio stesso. Gli oggetti e i metalli esposti alle radiazioni diventano essi stessi radioattivi, ossia scorie radioattive. Le scorie dovranno essere stoccate per migliaia di anni fin quando non decade il livello di radioattività. Il grado di radioattività non consente all’uomo di avvicinarsi alle scorie e, al momento, la scienza non è in grado di distruggere le scorie radioattive o di accelerare il periodo di decadimento della radioattività.
Per maggiore chiarezza devo anche brevemente dare un cenno sull’uranio, che è un metallo pesante che si trova in piccolissime quantità sulla crosta terrestre e nelle acque. E’ fortemente radioattivo, ma scarsamente reattivo. Per questo motivo, al fine di un suo utilizzo nelle centrali nucleari, è necessario arricchirlo con isotopi fissili e da questo procedimento resta un materiale di scarto che viene chiamato uranio impoverito, molto meno radioattivo e comunque utilizzato anch’esso soprattutto negli armamenti. Allo stato attuale l’uranio viene estratto in miniere che si trovano principalmente nei seguenti Paesi: Canada, Sudafrica, Australia, Congo, Namibia, Nigeria, Cina, Russia. In Italia esiste una miniera nel Carso ed un’altra a pochi chilometri da Bergamo. Entrambe non sono considerate di interesse nazionale.
Il ricorso alla energia nucleare ha visto coinvolti molti paesi occidentali e non. I motivi sono principalmente i seguenti: la capacità di produrre armamenti di offesa ed autodifesa letali e devastanti, il tentativo di rendersi autonomi nella produzione
di energia a carattere nazionale, la totale assenza di emissione di CO2 contrariamente a quanto accade per la produzione di energia da fonti fossili, quale carbone e petrolio.
Un’altra componente, che nel tempo di è rilevata insignificante, è quella del costo della materia prima, che in teoria non avrebbe dovuto essere soggetta alle fluttuazioni tipiche del petrolio. In realtà, se negli Anni 70 l’uranio costava circa 134 dollari al chilo, negli anni 80, con l’immissione sul mercato delle testate atomiche dovute alla dismissione degli armamenti post guerra fredda, il prezzo è sceso a 37 dollari al chilo. Oggi siamo intorno ai 114 dollari al chilo, a causa della crescente richiesta di energia di India e Cina e ai progetti nucleari iraniani.
Un’ultima informazione resta necessaria, vale a dire sulla quantità di uranio presente sulla terra. Se parliamo di miniere estrattive possiamo contare ancora su 70 – 100 anni per una copertura, come quella attuale, pari al 6% del fabbisogno energetico globale. L’uranio, difatti, non è una fonte inesauribile di energia e pertanto l’energia nucleare non può definirsi energia rinnovabile. Questa precisazione è doverosa, quando viene il dubbio, più che fondato, che nella programmazione economica di alcuni Paesi, Italia in primis, il nucleare e le energie rinnovabili si confrontino come su un mercato antitetico. Difatti, in linea di logica, in ogni Paese ove esista il nucleare, negli ultimi anni è stato dato nuovo e vigoroso impulso alle energie rinnovabili, in primis la Germania, gli Stati Uniti e la Cina.
Un’ultima parola va infine spesa sui costi delle centrali nucleari. Una centrale come quella che sarebbe prevista in Lombardia, potenza 8.000 megawatt (un sesto del fabbisogno energetico delle famiglie italiane), costa per la sola costruzione 34 miliardi di euro. Si tratterebbe di una centrale di terza generazione, in quanto le uniche due centrali di quarta generazione presenti al mondo (una in Francia sul Rodano e l’altra in Finlandia) hanno presentato problematiche e costi tali che la Francia ha rinunciato al proprio progetto, denominato Phoenix, e la Finlandia ha denunciato gravi ritardi nella sua messa in opera.
Detto questo, io credo che ogni cittadino, ogni uomo di coscienza non possa e non debba esprimere giudizi in negativo e in positivo, senza prima avere approfondito la propria conoscenza del problema. La domanda che il profano abitualmente si pone, ammesso che non segua l’onda di spot pubblicitari, è: conviene o non conviene? O ancor peggio: dobbiamo ancora dipendere dagli arabi o facciamo per conto nostro?
Ovviamente questa non può essere la posizione delluomo consapevole che, sulla base dei dati che è in grado di raccogliere (io ho cercato di darvene il più possibile), deve porsi un problema più squisitamente morale sulla opportunità o meno di una sempre maggiore richiesta di energia per il progresso e, qualora la risposta fosse positiva, sulla opportunità o meno di ricorrere al nucleare per soddisfare queste esigenze, non già come alternativa ad una soggezione verso altri popoli, ma come soluzione ad un essere armonico dei popoli ed al dovere di ciascuno di noi di riflettere su come sfruttare le risorse di questo pianeta, anche in relazione all’eredità che lasciamo alle generazioni future.
Benché io abbia in me una risposta, su questo blog non darò risposte ma cercherò di fornire spunti di riflessione. Riflettendo io stesso.
La prima riflessione che voglio fare è sul carattere di uguaglianza dei popoli, uno dei principi fondamentali della massoneria nei rapporti tra individuo e individuo, fratello o non. L’energia è indubbiamente fonte di ricchezza per le aziende e di agio per le famiglie. Ricordo lo stupore dei vecchi di una società tribale del Sael, che non aveva mai visto una lampadina accesa, quando una organizzazione umanitaria installò ai lati del villaggio alcuni pannelli solari. Attualmente l’utilizzo del petrolio che fluisce da popoli più poveri verso società più ricche crea uno scambio di economia mutualistica che non rende giustizia, solo perché la maggior parte dei signori del petrolio non sembrano avere molto a cuore il benessere dalla loro gente, L’utilizzo del nucleare non modificherebbe molto questa situazione, ma potrebbe abbattere considerevolmente i costi del greggio, qualora potesse determinare una ragguardevole diminuzione della domanda. Ancora una volta questo andrebbe a scapito di quelle popolazioni, di cui peraltro proprio in questi tempi si colgono i maggiori fermenti e richieste di eguaglianza.
Una seconda riflessione è quella relativa al rispetto che il si deve nutrire per quanto il Creatore ha voluto. Sebbene petrolio e uranio facciano parte della terra e non siano quindi una elaborazione del genere umano e della scienza, sappiamo bene che l’utilizzo di queste due fonti energetiche crea problemi di inquinamento. Allo stato attuale, il maggiore inquinamento sensibile è quello provocato dalla emissione di CO2, dovuto alla combustione del fossile, carbone o petrolio che sia. La produzione di energia nucleare, quindi, verrebbe incontro a questo problema, per contro però si rende anch’essa pericolosa in caso di incidente o di attentati e lascerebbe per centinaia di anni, si dice un migliaio, il problema delle scorie radioattive. Certamente, qualora non vi fossero incidenti, il nucleare migliorerebbe il tenore del pianeta sul breve, condizionandolo pesantemente sul futuro.
Prima di concludere queste considerazioni, vorrei segnalare ai fratelli un interessante libro, scritto negli Anni 80 da Herman Scheer, intitolato L’Imperativo EnergEtico, dove la E maiuscola ha un significato ben preciso. Scheer, scomparso l’anno scorso, diede un indirizzo politico allo sviluppo energetico della Germania ed a lui si ispirarono le politiche di sviluppo energetico di altri 54 Paesi. Etica e sussidiarietà: questi furono i pilastri dell’approccio di Scheer alla questione energetica, un ambito in cui il perdurante dominio di economisti e tecnologi forse contrasta con una troppo alta posta umanitaria. Le diverse opzioni energetiche hanno infatti tali conseguenze sulle generazioni presenti e future e sulla natura da farne una questione morale e politica, prima che tecnologica. Infatti, mentre i benefici delle energie fossili e dell’energia atomica si concentrano maggiormente nella parte più benestante della popolazione mondiale, i loro costi umani – per esempio il cambiamento climatico – ricadono sproporzionatamente su coloro che meno o punto profittano dei benefici, cioè sulla parte meno abbiente e più debole dell’umanità e specialmente sulle generazioni future. La sussidiarietà (se un ente “più in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente “più in alto” deve lasciargli tale compito e sostenerne l’azione) era la seconda idea guida che animava Scheer.
Vorrei aggiungere che queste due idee si coniugano nella sostenibilità, che racchiude un concetto non sono relativo ai singoli progetti ma soprattutto al benessere dei popoli.
Lorenzo Lo Vecchio
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